NEWS MAGGIO 2019
M. PIAZZA - NUOVI FARMACI E NUOVE TERAPIE PER EPATITE CRONICA B ED EPATITE CRONICA C
TERAPIA EPATITE CRONICA B
Nell’ultimo anno non vi sono stati significativi progressi in tema di terapia dell’epatite cronica B. Alcuni ricercatori hanno provato ad interrompere la terapia con analoghi in soggetti che presentavano da molti anni replica virale soppressa (HBV-DNA negativo). Tuttavia, in tutti i casi, vi è stata una ripresa della replicazione virale (HBV-DNA è tornato positivo). Pertanto, in attesa di nuovi farmaci o di nuove strategie terapeutiche, è al momento consigliato di non interrompere la terapia con analoghi (1). I dati disponibili al 2018 confermano, inoltre, la eccellente efficacia e tollerabilità di Tenofovir ed Entecavir nel lungo periodo. Per una trattazione dell’argomento si consiglia di leggere quanto riportato nelle “News: Anno 2010 - Nuovi Farmaci e Nuove Terapie per Epatite Cronica B ed Epatite Cronica C“ (clicca per aprire)
TERAPIA DELL'EPATITE CRONICA C
Vi sono stati, e sono in atto, sconvolgimenti epocali nel campo del trattamento dell’infezione da HCV (2,3). Le terapie che non prevedono l’utilizzo dell’interferone (chiamate interferon-free) sono ormai una realtà anche in Italia. La disponibilità di tali trattamenti ha consentito, per la prima volta, al clinico di curare l’infezione cronica da HCV in soggetti che presentano una malattia epatica molto avanzata o che per altri motivi (ad esempio presenza di cardiopatie, malattie psichiatriche, etc.) non possono assumere l’interferone. Tali soggetti erano stati sempre esclusi dal trattamento poiché tutte le combinazioni antivirali disponibili fino al recente passato prevedevano l’uso dell’interferone.
Nella terapia della infezione cronica da HCV, sono utilizzabili in Italia sostanzialmente tre combinazioni precostituite di antivirali ad azione diretta. Di seguito descriviamo brevemente le caratteristiche di ognuno di esse:
Circa la rimborsabilità dei farmaci, è oggi possibile trattare tutti i pazienti con infezione da HCV indipendentemente dalla loro gravità. Si riportano i criteri determinati dall’AIFA (Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n.75 del 30-3-2017):
Criterio 1: Pazienti con cirrosi in classe di Child A o B e/o con HCC con risposta completa a terapie resettive chirurgiche o loco-regionali non candidabili a trapianto epatico nei quali la malattia epatica sia determinante per la prognosi.
Criterio 2: Epatite ricorrente HCV-RNA positiva del fegato trapiantato in paziente stabile clinicamente e con livelli ottimali di immunosoppressione.
Criterio 3: Epatite cronica con gravi manifestazioni extra-epatiche HCV-correlate (sindrome crioglobulinemica con danno d'organo, sindromi linfoproliferative a cellule B, insufficienza renale).
Criterio 4: Epatite cronica con fibrosi METAVIR F3 (o corrispondente Ishak).
Criterio 5: In lista per trapianto di fegato con cirrosi MELD <25 e/o con HCC all'interno dei criteri di Milano con la possibilità di una attesa in lista di almeno 2 mesi.
Criterio 6: Epatite cronica dopo trapianto di organo solido (non fegato) o di midollo in paziente stabile clinicamente e con livelli ottimali di immunosoppressione.
Criterio 7: Epatite cronica con fibrosi METAVIR F2 (o corrispondente Ishack) e/o comorbilità a rischio di progressione del danno epatico [coinfezione HBV, coinfezione HIV, malattie croniche di fegato non virali, diabete mellito in trattamento farmacologico, obesità (body mass index ≥30 kg/m2), emoglobinopatie e coagulopatie congenite].
Criterio 8: Epatite cronica con fibrosi METAVIR F0-F1 (o corrispondente Ishack) e/o comorbilità a rischio di progressione del danno epatico [coinfezione HBV, coinfezione HIV, malattie croniche di fegato non virali, diabete mellito in trattamento farmacologico, obesità (body mass index ≥30 kg/m2), emoglobinopatie e coagulopatie congenite].
Criterio 9: Operatori sanitari infetti.
Criterio 10: Epatite cronica o cirrosi epatica in paziente con insufficienza renale cronica in trattamento emodialitico.
Criterio 11: Epatite cronica nel paziente in lista d'attesa per trapianto di organo solido (non fegato) o di midollo.
Sulla base degli studi registrativi dei farmaci (4-14) viene riassunta la terapia di associazione consigliata e la sua durata nella Tabella 1.
Le combinazioni terapeutiche ottimali e la durata della terapia variano in relazione al genotipo di HCV ed alla presenza di cirrosi. La Tabella 1 riassume le raccomandazioni terapeutiche per l’uso delle combinazioni di antivirali senza IFN nei genotipi 1,2,3,4.
Gen 1 | TIPOLOGIA DI PAZIENTI | MAVIRET GLECAPREVIR + PIBRENTASVIR |
EPCLUSA SOFOSBUVIR + VELPATASVIR |
ZEPATIER GRAZOPREVIR + ELBASVIR |
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Assenza di cirrosi epatica |
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Cirrosi epatica compensata (Child-Pugh A) |
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Cirrosi epatica scompensata (Child-Pugh B) |
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Gen 2 | Assenza di cirrosi epatica |
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Cirrosi epatica |
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Cirrosi epatica scompensata (Child-Pugh B) |
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Gen 3 | Assenza di cirrosi epatica |
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Cirrosi epatica compensata (Child-Pugh A) |
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Cirrosi epatica scompensata (Child-Pugh B) |
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Gen 4 | Assenza di cirrosi epatica |
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Cirrosi epatica compensata (Child-Pugh A) |
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Cirrosi epatica scompensata (Child-Pugh B) |
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N.B. Per tutti i genotipi, solo per i pazienti che sono stati già trattati ma sono falliti a un trattamento con farmaci antivirali diretti, si può utilizzare VOSEVI cp, una compressa al giorno per 12 settimane.
Per quanto concerne il profilo di eventi avversi di tali farmaci (peraltro estremamente favorevole), indicazioni in popolazioni speciali e quant’altro si rimanda a quanto dettagliatamente riportato nella scheda tecnica dei farmaci (16-19).
I tassi di risposta virologica sostenuta (SVR) dei regimi interferon-free sono attorno al 98-99% per tutti i genotipi. Tuttavia, percentuali di risposta lievemente inferiori si osservano nei pazienti con genotipo 3 (attorno al 96-97%) ed in quelli con cirrosi epatica scompensata (attorno all’85-95%). Per questi ultimi è ancora previsto l’uso di ribavirina. La dose di ribavirina si basa sul peso corporeo (1000 mg, pari a 5 compresse al giorno, per pazienti di peso corporeo inferiore a 75 kg e 1200 mg, pari a 6 compresse al giorno, per soggetti di peso corporeo maggiore o uguale a 75Kg) e va somministrata per via orale, suddivisa in due dosi, a stomaco pieno. Nei soggetti con cirrosi epatica in classe C di Child-Pugh, la dose iniziale di ribavirina è di 600 mg (3 compresse) suddivisa in due somministrazioni. Tale dose può essere aumentata fino a 1000 o 1200 mg (a seconda del peso corporeo) sulla base della tollerabilità.
Dall’aprile 2018 è disponibile VOSEVI (associazione sofosbuvir/velpatasvir/voxilaprevir) che, utilizzata per 12 settimane, ha determinato eradicazione virale nel 96-98% dei pazienti che erano stati in precedenza trattati e non avevano risposto ad antivirali diretti contro il virus dell’epatite C (15).
La ribavirina è associata, come noto, ad anemia emolitica e per tale motivo nei pazienti che effettuano terapia con tale farmaco vanno monitorati i livelli di emoglobina ed eventualmente procedere ad una riduzione della dose di ribavirina o ad altri provvedimenti del caso (ad es. uso di eritropoietina).
Da quanto su esposto è evidente che la percentuale di risposta, per quanto elevatissima non raggiunge il 100%. Infatti sono descritti fallimenti di tali terapie in circa nell’ordine dell’1-2% dei soggetti trattati. In tali circostanze, è utile eseguire un test di resistenza (cioè un test che valuta la eventuale resistenza di ogni singolo farmaco sul virus che infetta il paziente) in un laboratorio di riferimento e scegliere la terapia di seconda linea sulla base di tale test. In alternativa è possibile, anche senza l’effettuazione di un test di resistenza, trattare direttamente i pazienti falliti ad un primo trattamento antivirale con Vosevi, che assicura una risposta in quasi la totalità di tali soggetti.
Tali terapie, sebbene semplici e ben tollerate, vanno gestite da clinici esperti. Ad esempio, nei soggetti con insufficienza renale cronica moderata/severa o in dialisi non è possibile utilizzare trattamento a base di sofosbuvir (EPCLUSA O VOSEVI). Per questa categoria di pazienti si può utilizzare il MAVIRET (per tutti i genotipi) o lo ZEPATIER (per i genotipi 1 e 4) con eccellenti profili di tollerabilità ed efficacia. E’ importante sottolineare, inoltre, che molte delle combinazioni su descritte presentano interazioni con farmaci comunemente impiegati nella pratica clinica. Ad esempio, si sono registrati casi di bradicardia gravissima (anche mortali) in caso di utilizzo concomitante di sofosbuvir e dell’antiaritmico amiodarone (20). Per tali motivi prima dell’inizio della terapia antivirale è necessario che il clinico interroghi dettagliatamente il paziente circa i farmaci che egli assume e controlli le eventuali interazioni tra questi e gli antivirali che intende somministrare. In caso di interazioni significative tra i gli antivirali e gli altri farmaci praticati dal paziente, si potrà optare (laddove possibile) per la scelta di combinazioni antivirali che non presentano interazioni con i farmaci in uso, oppure per modifiche (previo consulto dei relativi specialisti) delle terapie che il paziente pratica per le altre patologie. Infine, vi è la possibilità che nei pazienti con concomitante infezione da virus dell’epatite B (attiva, caratterizzata da positività per HBsAg o pregressa, caratterizzata da negatività per HBsAg e positività per anti-HBc) e dell’epatite C, il virus B possa riattivare a seguito della terapia antivirale per l’epatite C (21). In molti dei casi di riattivazione segnalati, i pazienti presentavano infezione in atto già prima della terapia antivirale per l’epatite C, ma alcuni soggetti presentavano solo marcatori di una pregressa infezione (positività isolata per anti-HBc). Comunque, la riattivazione del virus dell’epatite B può portare a un incremento delle transaminasi ed anche a scompenso della malattia epatica con presenza di ittero e ascite. Si sottolinea che alcuni di tali casi sono stati mortali! (22) Si raccomanda pertanto, in tutti i pazienti candidati a terapia per l’epatite C, la ricerca dei marcatori di infezione da HBV (HBsAg, anti-HBc eventualmente HBV-DNA) prima di iniziare la terapia antivirale per l’epatite C e di monitorare (ed eventualmente trattare con analoghi attivi contro il virus dell’epatite B) i soggetti con coinfezione B/C (22).
Una domanda rilevante che ci siamo posti a proposito degli antivirali diretti contro il virus dell'epatite C è la seguente: tali farmaci mantengono la loro estrema efficacia e sicurezza anche nell'uso comune? In altre parole, possiamo trasferire ai nostri ammalati i dati derivanti dai grandi studi registrativi che hanno portato alla approvazione di tali farmaci (trial clinici randomizzati)? Tali legittimi interrogativi nascono dalla giusta considerazione che, in tali trial clinici randomizzati, spesso, i pazienti vengono selezionati per avere fattori positivi di risposta al trattamento (giovani, con elevata aderenza al trattamento, con malattia epatica lieve, etc.). Ebbene, per rispondere a tali domande, sono divenuti recentemente disponibili dati provenienti da casistiche di real-life, cioè relativi alla efficacia e tollerabilità di queste terapie nella pratica clinica quotidiana, quindi non nel contesto dei trial clinici randomizzati. Tali dati, relativi a tutte le combinazioni di antivirali oggi disponibili, indicano che, anche in condizioni di normale pratica clinica (pazienti con malattia avanzata o con età media elevata, etc.), i farmaci mantengono la loro efficacia massimale e la loro estrema sicurezza e tollerabilità, in maniera del tutto sovrapponibile (a volte addirittura superiore!) ai dati provenienti dai trial clinici (23-26).
CONCLUSIONI
Nell’ambito della terapia dell’epatite cronica C quello che viviamo è un momento estremamente stimolante fatto di mutamenti radicali ed opportunità di cura per moltissimi pazienti.
Ciò che sembrava un sogno per i clinici solo pochi anni fa si sta realizzando: poter trattare e guarire dall’infezione cronica tutti i pazienti con epatite cronica C senza pagare il pegno di eventi avversi rilevanti. Non è ancora noto quanto l’eradicazione virale potrà condizionare la prognosi dei pazienti più avanzati (ad esempio quelli con cirrosi epatica scompensata), ma allo stato attuale, alla luce dei recenti allargamenti dei criteri di rimborsabilità da parte dell’AIFA, praticamente tutti i pazienti possono essere trattati con regimi IFN-free secondo gli schemi illustrati in Tabella.
In conclusione per sintetizzare possiamo affermare quanto segue:
- Alla luce dei nuovi criteri AIFA, è possibile utilizzare i potentissimi antivirali diretti praticamente su tutti i pazienti. Infatti, questi sono impiegabili, oltre che per i soggetti con fibrosi avanzata o con cirrosi, anche per quelli con malattia più lieve.
- dato l’elevatissimo tasso di successo di tali farmaci, il trattamento di tutti i pazienti con infezione da HCV potrà realizzare finalmente il sogno di un mondo senza epatite C.
BIBLIOGRAFIA